Chi non ha mai almeno sognato di fare il cammino di Santiago non è un vero viaggiatore, punto e basta! Questioni religiose a parte, solo il pensiero di quanti “pellegrini” nei secoli hanno lasciato le loro impronte lungo il famoso percorso, lo rende un’avventura degna di essere vissuta o perlomeno, desiderata.
Per noi, in questa occasione, Santiago de Compostela non era la meta, ma solo una fermata lungo il nostro pellegrinaggio personale e ci siamo arrivati in camper. Fortunati, troviamo un ottimo posto per parcheggiare, gratuito e tranquillo, a solo un paio di chilometri dalla famosa cattedrale, che raggiungiamo facendo una piacevole passeggiata. Le prime impressioni sono forti e chiare: malgrado l’inevitabile teatrino imbastito per i turisti, la città mantiene una personalità molto imponente e dignitosa; la maggior parte dei pellegrini probabilmente non sa neanche chi è San Giacomo e non ha nessuna grazia da chiedere, il pretesto per l’impresa era solo una sana sfida personale; il pellegrino del XXI secolo circola in mountain bike 😉
La curiosità è il mio mestiere, per cui mi sorbisco la messa dei pellegrini, quella delle 12.00, per vedere anch’io il famoso incensiere oscillare sopra le teste dei presenti, che è poi la grande attrazione di quello che alla fine è un grande spettacolo degno di Broadway, con la differenza che a Broadway i teatri hanno sicuramente un parco luci molto più ridotto e meno schermi televisivi installati.
Prima dell’inizio della cerimonia, una suora canterina istruisce il pubblico sui canti che verranno eseguiti e gli insegna le parole per fargli fare la parte corale. Gli arrangiamenti ricordano piu un musical di Disney che qualcosa di sacro, tipo Cenerentola o Biancaneve, ma immagino che faccia parte della nuova strategia di comunicazione della chiesa e a quanto pare il pubblico apprezza. Quando intona un “Gloria” non posso fare a meno di pensare che preferisco la versione di Umberto Tozzi, poi però mi accorgo che le parole sono diverse, stanno parlando di un’altra Gloria, anche questa però potrebbe andare a Sanremo 😉 Nel frattempo un’interminabile fila di “fedeli” passa dietro all’altare per seguire la tradizione cattolico-pagana di abbracciare l’apostolo. Cosa che non smette neanche durante la celebrazione del rito, che si conclude con il momento piu atteso: quello della benedizione, quando nelle mani dei fedeli spuntano centinaia di macchine fotografiche e telefonini. Tutto fila liscio e alla perfezione fino alle 13.05 quando, finita la cerimonia, il prete rivolge la sua preghiera al pubblico in quattro lingue, invitandolo ad andarsene in fretta perchè alle 13.15 comincia il prossimo spettacolo!
Santiago però non è solo questo. Il centro storico è splendido e per quanto sempre un po’ affollato, vale la pena di perdercisi e scoprirlo vicolo dopo vicolo. La grande sorpresa però è invece la parte moderna e in particolare Gaiàs, l’impressionante “Città della Cultura”. Un insieme di stabili dalle forme spaziali, che ospitano una biblioteca impressionante, un museo e spazi per mostre, concerti, proiezioni e altri eventi culturali. Il progetto è relativamente recente, tanto che non è ancora terminata la costruzione, ma già la sezione aperta al pubblico è più che sufficiente per farne un’attrazione da non perdere. Noi abbiamo avuto il piacere di vedere una mostra di fotografia all’interno della biblioteca, un’installazione all’interno delle Torri Hejduk e una mostra molto completa e ben presentata sull’industria della moda in Galizia.
Mi ha fatto un piacere enorme vedere come un posto con la storia e la tradizione di Santiago di Compostela, non si sia fermato al guadagno facile proveniente dal turismo più o meno religioso, ma investa per coltivare altre aree di interesse, principalmente per la popolazione locale, ma anche per i visitatori. Complimenti per l’apertura mentale e per quel che mi riguarda, Santiago si è conquistata un nuovo fedele! Dovessi ritrovarmi nei paraggi, non mancherò di certo di includerla per una sosta, per andare a vedere cosa propone di nuovo la Città della Cultura, cosa che altrimenti non avrei avuto motivo di fare.