E con un balzo…

…siamo arrivati in Grecia!

Beh non proprio un balzo, ci abbiamo messo una settimana ad arrivare da Biella a Atene, passando per Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Macedonia e senza mai pagare un pedaggio, a parte una piccola eccezione in Serbia dove in un modo o nell’altro, ci fregano sempre 🙂

Nell’ultimo post eravamo ancora a Mantova. Da lì ci eravamo spostati sul lago di Molveno alla ricerca di un po’ di fresco e dell’occasione di fare qualche bella passeggiata in mezzo alla natura. Il posto è stupendo, con un parcheggio vicinissimo al lago e ottimo punto di partenza per fare le nostre escursioni.
Le Dolomiti sono uno spettacolo e ci siamo rimasti tre giorni. Ci saremmo rimasti anche di più, se non avessimo ricevuto notizie riguardo all’intervento che avrebbe dovuto fare nostro figlio a fine Agosto. Tutto rimandato a Dicembre e solo dopo una vi$ita privata dal primario per fissargli la data.

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Bye Bye Grecia

Questi otto mesi passati in Grecia, la maggior parte dei quali non in camper, mi sono serviti ad imparare e scoprire un sacco di cose.
La più importante è stata probabilmente che, per quanto mi mancasse la vita da vagabondo, non mi è dispiaciuto per niente fare un esperimento di vita “statica” in un piccolo paese, applicando però la filosofia di vita minimalista imparata in un anno e mezzo come fulltimer.

Avendo deciso di rimanere in Grecia da dicembre, quando eravamo arrivati, fino a fine luglio, per far combaciare il nostro programma con quello di nostro figlio, abbiamo optato per il passare almeno l’inverno nella nostra casa al mare nel Peloponneso. Avremmo così potuto risparmiare qualcosa, occuparci dei nostri ulivi e rimettere un po’ in sesto il camper, che ne aveva bisogno.
L’inverno è passato veloce e ci siamo resi conto che la vita di paese ci piaceva! Così invece di rimetterci in strada, come da programma, per vagabondare un po’ nel Peloponneso aspettando l’arrivo di Matteo, abbiamo preferito continuare a goderci la ripetitività della vita stanziale, facendo solo un salto ogni tanto ad Atene, per vedere qualche mostra e concerto e scappare di corsa per tornare alla pace del nostro paesino.

Conclusione: con la condizione fondamentale di trovare il posto giusto, si può cambiare vita anche senza girovagare in camper!
In pratica si scambia la libertà di movimento e l’avventura dello viaggiare a tempo pieno con la tranquilla quotidianità di una vita di campagna. L’orticello di cui occuparsi, magari qualche animale da compagnia, il rapporto con il ‘vicinato’, il continuo bisogno di riparare o migliorare qualcosa nella struttura, gli amici che ti vengono a trovare, non per pranzo o cena, ma per due o tre giorni di intense e piacevoli chiacchierate… non ci si annoia mai.
Non a caso, proprio in questo periodo, mi sono letto Walden di Henry David Thoreau, un classico per chi vuol intraprendere una vita alternativa che, malgrado l’età, rimane di un’attualità sorprendente.

Per noi però è ancora presto per mettere radici. Questo esperimento è stato una prova generale per capire se, quando decideremo di fermarci, l’idea di ritirarci a Creta e crearci il nostro angolino di paradiso fosse sensata e sostenibile. A quanto pare si!

Intanto è arrivata la fine di luglio. Dobbiamo andare in Italia per far passare la revisione al camper e accompagnare Matteo, che partirà da Milano per vivere la sua esperienza per un anno a New York.
Presi dalla fretta, rinneghiamo senza nessuna vergogna la nostra filosofia dello slow travel e ci imbarchiamo a Patrasso per Ancona, invece di fare il nostro classico giro dei Balcani… Grosso errore!!
Scegliamo di viaggiare con l’ANEK, visto che avevamo degli ottimi ricordi dei nostri ultimi viaggi, fatti qualche anno fa, sia per l’Italia che per Creta. Quest’anno, durante il ritorno da Creta sempre con l’ANEK, ci eravamo già imbattuti in un cameriere maleducatissimo. L’avevamo però considerato un caso isolato, senza che questo ci impedisse di fare comunque un reclamo scritto.
Per il viaggio in Italia le cose cominciano male da prima della partenza: quattro ore di ritardo accumulate durante l’imbarco ad Ancona. E ti chiedi: ma con tutta la tecnologia a disposizione, con tutti i dati che ti chiedono per la prenotazione, dove vieni regolarmente schedato con numeri di telefono, email e tutto il resto, non potevano mandare un cavolo di messaggio per avvisare? Un annuncio sul loro sito? Lo sapevano dal giorno prima, non ci sarebbe voluto così tanto, credo, e così uno si organizza. Comunque, aspettiamo che aprano il controllo passaporti, passiamo tra i primi e vediamo la fila dietro di noi allungarsi all’infinito. La colpa è dell’imbuto per il controllo dei documenti da dove passa solo un veicolo alla volta, auto, camper e TIR. Si può immaginare!
Poi il controllo doganale, stranamente più veloce e poi… il nulla!! Nessuno sapeva dove dovevamo metterci ad aspettare il traghetto. Seguiamo quelli entrati prima di noi e piano piano comincia a riempirsi nel modo più disordinato possibile uno spiazzo, davanti a quello che sembrava essere l’attracco più probabile per la nostra nave. Aspettiamo pazientemente sotto il sole fino a quando il traghetto appare all’orizzonte e appena ci si rende conto che avrebbe attraccato a una ventina di metri da dove si erano formate le file, succede un pandemonio. Per la serie “i furbi saranno i primi”. E così fu! Da primi arrivati, nel caos e la disorganizzazione più completa, ci ritroviamo a salire sul open deck per ultimi e ci fanno infilare tra una parete interna della nave e un TIR, nel punto meno ventilato del ponte.

Altro che open deck… non si respirava dal caldo!

I geni avevano fatto salire per primi i TIR, chiudendo la maggior parte delle finestre del lato destro della nave. Quello sinistro invece lo avevano lasciato libero per chi sarebbe salito a Igoumenitsa. Morale tutti i camper erano al centro del ponte chiusi dai camion con il risultato che, anche dopo qualche ora di viaggio in mare aperto e tenendo tutto spalancato, avevamo 37 gradi in camper! Siamo andati a lamentarci e, non soddisfatti delle inutili giustificazioni e scuse che ci siamo sentiti dare, chiediamo il modulo per fare una lamentela scritta. Improvviso cambio di atteggiamento. Le scuse diventano salamelecchi e ci danno una cabina esterna per farsi perdonare… ok preferivo il camper, però anche così non è male 😉
Quando al mattino scendiamo in camper per fare colazione, non si riusciva quasi più a passare da quanto si era riempito il ponte a Igoumenitsa. Perlomeno i camper saliti dopo erano in una posizione molto migliore della nostra. Sul nostro camper c’erano ancora 32 gradi… non sarebbe stata una notte facile se avessimo dovuto dormirci. Tutto bene quello che finisce bene, ma passano più in fretta e sono più divertenti 5 giorni di Balcani piuttosto che 30 ore di traghetto!
Il benvenuto in Italia poi ci ha pensato la polizia a darcelo. Tranquillamente parcheggiati a Milano, vicino alla stazione di Lambrate, alle 9.30 di mattina, bussatina sul finestrino… solita menata del ‘ci hanno chiamati, non potete rimanere qui, la gente ha paura’… in un anno e mezzo in giro per l’Europa, attraversando una quindicina di stati, solo in Italia veniamo trattati così… non ci fermeremo per molto! 😉

 

Un’altro modo di viaggiare…

Come avevo annunciato nel post precedente, abbiamo voluto provare a fare un viaggio diverso. Abbiamo lasciato il camper parcheggiato ad Atene e siamo andati a Creta, con zaini e tenda, per camminare lungo il sentiero E4, partendo da Elafonissi per arrivare almeno fino a Frangokastelo. Circa 100km lungo la costa, per la maggior parte in mezzo alla natura più incontaminata e lontani da strade e civilizzazione.
Non ci siamo messi limiti di tempo. Non avevamo intenzione di farlo di corsa, anzi, l’idea era di goderci il più possibile l’occasione di vedere posti che ancora pochi hanno visto.

Il percorso che abbiamo fatto.

 

Arrivati al porto di Chania al mattino presto, prendiamo il bus (1.70€/persona) per il centro e da lì un altro autobus per Elafonissi (11€/persona) che parte alle 9.00. Meno di due ore dopo eravamo sulla mitica spiaggia, che però conosciamo bene e ci possiamo permettere di snobbare alla grande, mettendoci subito in cammino alla scoperta di posti nuovi.
Imbocchiamo il sentiero E4 e già dopo meno di un chilometro, sulla spiaggia del bosco di cedri, comincia il paradiso del campeggio libero.
Il posto è una meraviglia, siamo tentati di fermarci qui a pernottare, però è ovvio che, va bene lo slow travel, ma se ci fermiamo al primo chilometro e ne dobbiamo fare cento siamo fregati! Ci accontentiamo di un bagno rinfrescante, ci ricarichiamo gli zaini sulle spalle, una trentina di chili in due e proseguiamo. Mettiamo come destinazione la spiaggia di Kriòs dopo altri 9 chilometri. Il problema del peso degli zaini è che bisogna portarsi dietro cibo e soprattutto acqua in abbondanza, perchè per lunghi tratti non si passa da centri abitati e le fonti naturali scarseggiano lungo questo tratto del sentiero. Di conseguenza bisogna programmare abbastanza bene le tappe per calcolare quanto caricarsi di provviste.

Eccoci al nostro chilometro zero, pronti a partire 🙂
Il sentiero è ben segnalato. Solo in un paio di occasioni ci siamo confusi, ma mai per più di poche decine di metri.

 

Non ci siamo ancora abituati al peso sulle spalle per cui andiamo lenti e fatichiamo abbastanza. Il percorso non è particolarmente impegnativo, ma neanche proprio una passeggiata. Verso le 17.00 arriviamo alla baia di Viennos, appena prima della destinazione che ci eravamo prefissati. Il posto è così magico che decidiamo di accamparci qui per il primo giorno. Si tratta di una baia con colonne e altri resti archeologici del III – VI sec d.C. sparsi qua e là… una meraviglia, ed è tutta per noi!

Al mattino ripartiamo con comodo. Abbiamo dormito benissimo e siamo carichi di energia. Poche centinaia di metri ancora di sentiero e poi usciamo, prima su una strada sterrata e poi su quella asfaltata, per arrivare a Paleochora poco dopo mezzogiorno. Facciamo una spesa, che si rivelerà essere anche l’ultima a prezzi decenti fino alla fine del cammino. Pranziamo e ci riposiamo un po’, lasciando passare le ore più calde e poi ci rimettiamo in cammino per uscire dalla città e cercare un posto per fermarci per la notte. La scelta cade sulla spiaggia di Gialiskari (Sandy beach), siamo stanchi e anche un po’ stufi di camminare lungo una strada e mangiarci la polvere delle auto. Secondo il GPS del cellulare abbiamo fatto circa 18km.
Piantiamo la tenda a pochi passi dall’inizio del nuovo tratto del sentiero che porta fino a Sougia, ma… primo problema! Il caricatore solare dà i numeri e non ne vuole sapere di caricare il telefonino! E adesso? Unica soluzione, massima economia. Poche foto, niente GPS e contachilometri, telefono chiuso quando non serve 🙁

La baia Viennos, con i resti di colonne antiche.
Il nostro primo accampamento, nella baia di Viennos.

 

Al mattino impacchettiamo tutto e ripartiamo. Dopo 10 minuti di sentiero passiamo per una spiaggia che sarebbe stata molto più bella per la sosta notturna, peccato. Ci mettiamo tre ore per arrivare a Lissos. Le pendenze sono notevoli e il caldo si fa sentire. Lissos è una vera e propria oasi, con la sua fonte d’acqua freschissima, ombra e area attrezzata per i camminatori. Pranziamo e ci facciamo una bella dormita prima di ripartire per l’ultimo breve tratto che ci separa da Sougia. Ci mettiamo un’ora per arrivare all’uscita della gola e da lì raggiungiamo la parte orientale della spiaggia, dove sappiamo che si può campeggiare.
Ci sistemiamo di fianco a una compagnia di hippies sulla cinquantina, nazionalità miste e facciamo presto amicizia. Calcolando sulla mappa, anche oggi ci siamo mangiati una decina di chilometri.

Giusto un’idea del tipo di terreno del sentiero…

 

Ci prendiamo un giorno di riposo. Sougia è un gran bel posto anche se comincia ad essere un po’ troppo turistico e fare la spesa costa circa il doppio che a Paleochora, però l’atmosfera è rimasta bella, leggera. Si respira libertà.
Preparandoci psicologicamente per il prossimo tratto, che è considerato tra i più difficili e, in alcune parti, pericoloso di tutto il sentiero, ci viene una grande idea. Rimediamo una bella scatola di cartone e ci ficchiamo dentro tutto quello che non ci sarebbe servito per i prossimi due giorni di cammino, per arrivare a Agia Roumeli, il prossimo centro abitato. Ci rendiamo così conto di quante cose inutili ci siamo portati dietro, ma di questo parlerò nel prossimo post. Impacchettiamo per bene e la lasciamo ai nostri vicini con l’accordo che li avremmo chiamati, una volta arrivati a Agia Roumeli e ce l’avrebbero spedita con il traghetto. Geniale! 🙂

Al mattino prestissimo partiamo, con gli zaini alleggeriti, avendo in programma di arrivare fino alla spiaggia di Domata, secondo le informazioni a 12km e fare il giorno dopo gli altri 8km per raggiungere la destinazione. Il percorso è molto stancante, ma bellissimo. Le pendenze sono piuttosto estreme e il terreno scivoloso. Arriviamo alla prima sorgente segnalata sulla guida dopo quattro ore. Strano, dovevano essere 6km, non stavamo andando così lenti. Comunque, riempiamo le nostre bottiglie e proseguiamo, scendendo fino al mare all’uscita della gola di Tripitì, più sciando e scivolando che camminando, dove avremmo dovuto trovare la seconda e ultima sorgente per questo tratto. Brutta sorpresa però! Un cartello indica che l’acqua non è potabile… siamo rimasti con sole due bottiglie e mezza e la giornata è caldissima!
Facciamo la nostra sosta per mangiare e riposarci e ci rimettiamo in cammino poco dopo le tre perchè, anche se fa caldo, abbiamo davanti altri 4km, segnalati come molto impegnativi. E lo sono! Cerchiamo di fare economia d’acqua, così tra caldo e sforzo, la disidratazione comincia a farsi sentire. Quando arriviamo a Domata, alle 18.30 ho la lingua gonfia come se mi avesse fatto l’anestesia un dentista, faccio fatica anche a parlare e ci rimane solo una bottiglia e mezza d’acqua… e adesso? Abbiamo davanti una notte e altri 8km durissimi… non ce la facciamo!
Mi rendo conto della sconfitta, ma rischiare è da incoscienti, così chiamiamo la linea di soccorso per il sentiero (112), che ci passa ai pompieri, che ci passano a un taxi marino, che per la modica cifra di 40€ (bastardo approfittatore) nel giro di un’oretta ci viene a recuperare e ci porta in meno di un quarto d’ora a Agia Roumeli. Tutto ok, non ho neanche il coraggio di trattare sul prezzo…
Andiamo a piantare la tenda all’uscita della gola di Samaria, dove è ‘permesso’, con tanto di bagni pubblici e acqua potabile a volontà… ne approfittiamo alla grande.
Chiamiamo i nostri amici per farci spedire il pacco con il traghetto dell’indomani e controllando con il GPS mi risulta che i 12km che in teoria avrebbe dovuto essere il tratto che abbiamo percorso, in realtà sono più di 16km… a piedi fa la differenza!

Gola di Tripiti. Fregati!
Un altro esempio caratteristico della difficoltà di alcuni tratti del sentiero. Qui si vede a sinistra il segno del sentiero e vicino al centro della foto la colonnina del punto a cui si deve arrivare.

 

Siamo al sesto giorno e abbiamo fatto più della metà del percorso. Andiamo ad aspettare il pacco al porto, ma non arriva. Chiamiamo e ci dicono che si sono dimenticati, lo manderanno domani. Ok! Non avevamo comunque intenzione di rimetterci subito in cammino. Una giornata di riposo assoluto e mare. 🙂
Andiamo a fare un po’ di spesa, ma nel primo mini-market ci sentiamo presi per il sedere. Non si può a Creta pagare i pomodori 2.30€ al chilo. Maledetto turismo! Nel secondo, quello più vicino alla spiaggia, i prezzi sono un po’ più bassi anche se sempre esosi. Prendiamo il minimo indispensabile.

Accampati vicini allo sbocco della gola di Samarià.

 

Giorno 7. Al mattino ci arriva il nostro scatolone, puntualissimo. Socializziamo un po’ con il nostro vicino di tenda, tedesco, gran camminatore e esperto della zona, che ci racconta di quante vittime ha fatto il sentiero e che tutti gli anni ci scappa almeno un morto, disidratazione e scivolate sono sempre la causa.
Rifacciamo gli zaini, tornando al peso massimo e, nel tardo pomeriggio, ci spostiamo fino alla spiaggia di Ag. Pavlos a poco più di tre chilometri. Posto stupendo, ci prendiamo una rakì alla tavernetta, per chiedere di caricarci il telefonino e di riempire le bottiglie d’acqua. 3€ per un quartino di grappa e un mezè… qui si ragiona! 🙂

La spiaggia di Agios Pavlos…
…e l’iinterno della chiesetta sul mare.

 

Giorno 8. Partiamo al mattino presto con destinazione Glyka Nera, ultima spiaggia prima di arrivare a Sfakià, dove sarebbe difficile campeggiare. Il percorso è uno dei più belli che abbiamo fatto. Si passa dai boschi al paesaggio lunare con tutte le sfumature intermedie, senza difficoltà estreme, malgrado il caldo… o forse siamo noi che ormai ci siamo abituati 😉

Creta selvaggia !
Loutro? Per di qui!
Pecorelle smarrite.

Ci fermiamo a Loutrò per comprare due cose, pranzare e riposarci. Poi proseguiamo fino alla spiaggia Glyka Nera (Acque Dolci) così chiamata perchè lungo tutta la spiaggia, basta scavare 20-30 centimetri e si trova acqua dolce, buonissima. Un piccolo paradiso! Anche oggi ci siamo fatti 14 chilometri.

Non abbiamo nessuna voglia di andarcene da questo posto, così ci prendiamo un’altra giornata di ozio. Si fa per dire, perchè non avendo previsto la sosta, siamo a corto di provviste e faccio un ‘salto’ indietro a Loutrò per fare la spesa. Senza peso ci metto solo un’ora e mezza, andata e ritorno. Non male! Serata passata in compagnia di tutti i campeggiatori a chiacchierare, un albanese, tre tedeschi, due ciprioti e noi!

Una delle sorgenti di acqua dolce a Glyka Nera.
Una delle sorgenti di acqua potabile a Glyka Nera.

 

Giorno 10, partiamo al mattino presto per fare l’ultima tappa. Non siamo molto convinti di quello che stiamo facendo, perchè sappiamo che dopo un breve, ma stancante, tratto di sentiero si esce sulla strada asfaltata per arrivare a Sfakià e da lì, sono altri 14km di asfalto fino a Frangokastelo. Non sembra molto interessante e il caldo è sempre in aumento, però ci eravamo messi un traguardo e vogliamo arrivarci. Altra breve spesa a Sfakià, con prezzi normali e poi ci incamminiamo verso la nostra destinazione, approfittando di tutti i rari punti in ombra che incontriamo per riposarci e rinfrescarci un po’.
A Frangokastelo non è permesso campeggiare, così, una volta arrivati, ci spostiamo verso l’estremità orientale della spiaggia e dormiamo solo con i sacchi a pelo. Perfettamente legale secondo la legge greca.
Missione compiuta!

Frangokastelo, sempre uno spettacolo.
L’ultimo accampamento del percorso. Senza tenda per evitarci problemi.

 

In realtà, se le previsioni del tempo non avessero annunciato temperature sopra ai 40 gradi per i giorni a venire, forse avremmo anche continuato il sentiero fino a Archanes, ma con questo caldo sarebbe stato un suicidio. Così, abbandoniamo l’idea e ci facciamo invece un regalo, decidendo di andare ad affrontare il grande caldo a Gavdos… ma questa è un’altra storia 🙂

In conclusione: è stata un’esperienza unica. Dopo anni e anni, ci siamo sentiti di nuovo veri viaggiatori all’avventura. Finalmente lontani dai soliti turisti e villeggiatori e riscoprendo un modo di viaggiare a costo quasi zero, che chiunque abbia la forma fisica e il coraggio di osare può fare. Cose che nessuna ricchezza può comprare. 😉

Gavdos!