Dopo una settimana a Phnom Pen, comincio ad avere le idee più chiare su come funzionano le cose da queste parti… e non funzionano bene!
Tutto gira solo e unicamente intorno ai soldi, in particolare intorno ai soldi dei turisti. Siamo in una nazione del terzo mondo, con strutture da terzo mondo, con servizi da terzo mondo, con la sporcizia, l’ignoranza e la maleducazione da terzo mondo, ma per i turisti a prezzi europei, o quasi.
Qui nella capitale non c’è niente di particolarmente interessante da vedere, a parte un museo archeologico con un biglietto d’entrata da dieci dollari (!) e il palazzo reale (il famoso assurdo per cui paghi il biglietto per vedere come vivono bene quelli più ricchi di te!!). Ci sono parecchi turisti, ma tutto il movimento gira intorno alla prostituzione, alcol, droga e pederastia.
L’unica cosa interessante sono i mercati, in particolare l’Orussey Market, che è una cosa enorme, dove vendono di tutto. Da gioielli a animali vivi e morti. Uno spettacolo da vedere. Comprare però è tutta un’altra storia.
Sembra che i cambogiani provino un immenso piacere nello fregare gli stranieri il più possibile. Sparano delle cifre allucinanti e non trattano sul prezzo più di tanto, niente a che fare con i bazar arabi. Se sei straniero devi pagare almeno il doppio, perchè così ci piace!
In pratica devi stare attento di continuo a non farti fregare e la cosa diventa stancante dopo un po’. Poi ci si mettono anche gli autisti di tuk tuk che ti rompono le palle di continuo per venderti i loro servizi e gli ostelli (ne abbiamo provati due) che sono il peggio del peggio. In pratica qui il sistema è che ti affittano solo un letto, in stanze assurde, sovraffollate e sporche e quello che dovrebbe essere lo spazio comune è sempre un bar-ristorante dove non puoi sederti senza ordinare qualcosa o essere guardato storto di continuo.
La città è insignificante, l’estetica inesistente e le attività culturali zero, a parte quelle organizzate dagli istituti di cultura dei vari paesi occidentali.
Lo sport nazionale qui è contare i soldi. Tutti con delle grandi mazzette di banconote che contano e ricontano… bambini in giro a tutte le ore del giorno, suggeriscono che la scuola qui sia facoltativa e dal livello della popolazione è più che evidente che l’istruzione manca, così come manca l’educazione. Anche chi vive di turismo, la maggior parte delle volte non parla l’inglese sufficientemente bene e la comunicazione diventa faticosa. In particolare quando ci sono dei problemi o delle lamentele, improvvisamente si dimenticano tutto l’inglese che sanno e fanno finta di non capire.
Siamo arrivati una settimana fa. Dalla stazione degli autobus andiamo all’ostello che avevamo prenotato e lo troviamo chiuso, saracinesca abbassata! Aspettiamo qualche minuto, poi provo ad alzare la saracinesca e in effetti viene su facilmente. Entriamo e la hall sembrava il day after, un laptop acceso su un tavolino con di fianco un bicchierone di caffè a metà, birre e altre bevande sugli altri tavoli, sul banco della reception delle banconote… strano… ci facciamo sentire e appare un ragazzo che avevamo evidentemente svegliato e ci dice che l’ostello è chiuso perchè la sera prima ha fatto irruzione la polizia ed ha arrestato il proprietario… sorry !
Cominciamo bene! Ci consiglia un altro posto, che prenotiamo subito online, perchè i prezzi sono sempre più convenienti che andando direttamente. Costa qualche dollaro in più, ma la posizione è decisamente migliore.
Ci presentiamo per fare il check-in, il tipo prima ci fa pagare (fondamentale), poi ci fa notare che il check-out è alle 11.30 e se sgarriamo ci farà pagare una giornata in più e poi ci annuncia che però i nostri letti non sono ancora pronti e dovremo aspettare una decina di minuti… la puntualità solo da una parte. Ci dice di sederci nel bar, che ci pensa lui ad avvisarci appena saranno pronti. Ci sediamo e arriva subito anche il menù. Dopo una quindicina di minuti, visto che non ordinavamo, passa uno dei tuttofare e spegne il nostro ventilatore… mah… passa una mezzora e andiamo chiedere se ci sono novità. La risposta: non sono ancora pronti, se avete fretta potete riprendervi i vostri soldi e andare da un’altra parte!! Benvenuti a Phnom Pen!! 🙂
Gli diciamo che non abbiamo fretta e dopo un’altra decina di minuti ci fa finalmente salire in camerata. Stanza con aria condizionata, indispensabile con il caldo che fa qui, che però spengono dalle 12.00 alle 17.30… mah
Tutto sommato però non è poi neanche così male, il giorno dopo ciediamo se possiamo rimanere per un paio di giorni in più. La risposta: per voi non ho posto, solo in camere molto più care. Gli facciamo notare che sul solito sito risulta che ci sono letti disponibili, se preferisce facciamo la prenotazione online, ci dice -fate quello che volete, per voi non ho posto.
Va beh, vaffa! Prenotiamo un altro ostello e lasciamo perdere.
Al secondo giorno Elissavet si accorge di aver tutte le gambe piene di punture, ispezioniamo il letto e in effetti ci sono degli insetttini poco simpatici e pieni di sangue. Lo facciamo notare al solito tipo e praticamente ci dice che siamo pazzi e bugiardi, di andare via dal suo albergo… lo mandiamo a quel paese e ce ne andiamo!
Arriviamo all’altro albergo, per vedere se possiamo entrare un giorno prima. Chiuso anche questo!! La polizia a colpito ancora!!
A questo punto entriamo direttamente nel albergo di fronte, il prezzo ci va bene e ci risistemiamo. Morale a Phnom Penh evitare assolutamente l’hostel 19HappyHouse, sono dei bastardi 😉
Passiamo però a un paio di cose positive. Abbiamo scoperto il pane fritto, li chiamano churros cinesi, buonissimi per fare colazione al mattino.
Ci siamo comprati un fornellino a gas e un pentolino e ci siamo resi completamente indipendenti dai ristoranti e dal mangiar panini e, in questa settimana, siamo andati a due proiezioni gratuite di film all’istituto tedesco e all’inaugurazione di una mostra all’istituto francese, con tanto di vernissage 🙂
Per fortuna che ci sono gli stranieri che organizzano qualcosa di interessante.
Domani ci lasceremo la grande città alle spalle e ci sposteremo a Battambang, che da quello che ci hanno detto era il centro della vita culturale della nazione, prima di Pol Pot. Vediamo se è rimasto qualcosa…